L’alimentazione influenza la salute del tuo cuore

Pubblicato il 11 Ottobre 2023

 

Autore: Dr. Graziano Pozzoli

 

La parola prevenzione è usata in modo ampio e trasversale nei molteplici ambiti che definiscono il nostro modo di vivere nel campo sociale, culturale, medico-scientifico, economico, finanziario, politico, militare, artistico, sportivo, dell’emergenza-urgenza, delle catastrofi naturali etc, a significare l’adozione di provvedimenti adatti, alla luce delle nostre attuali conoscenze, a “giocare d’anticipo” per impedire (o almeno limitare) che si verifichino fatti negativi che è bene non accadano, dai quali, ovviamente, ci si vuole affrancare.

Nell’area della salute la prevenzione ha l’obiettivo di mantenere una qualità di vita sana il più a lungo possibile con l’avanzare degli anni, operando su tre livelli:

  1. prevenzione primaria, impedire che si manifesti uno stato di malattia, cioè agire prima che la malattia si presenti;
  2. prevenzione secondaria, a malattia già avvenuta evitare che si realizzi una recidiva (ricaduta) della stessa malattia;
  3. prevenzione terziaria, tentare di ridurre, almeno in parte, eventuali danni psico-fisici subiti in conseguenza del verificarsi della malattia.

Naturalmente tutti e tre i livelli sono importanti ma è fondamentale concentrare il nostro impegno per realizzare soprattutto la prevenzione primaria al fine di preservare l’equilibrio del nostro stato di salute e di evitare la caduta nel tunnel oscuro della malattia che, come una palla di neve che rotola a valle formando una valanga, non permette di conoscere in anticipo quanto grave e seria sarà la conseguenza della valanga stessa (malattia) che si viene a formare.

Nella nostra società occidentale le malattie cardiovascolari (infarto miocardico, ictus, scompenso cardiaco) rappresentano la maggior causa di malattia e di morte seguite al secondo posto dalle malattie oncologiche (tumori).

Infatti, da fonte ISTAT si rileva che “nel 2020 sono stati ben 227.350 i morti per malattie cardio-circolatorie, 177.858 quelli per tumori, 78.673 per Covid-19 e 57.113 per malattie respiratorie. Aumentano i tassi di mortalità per polmoniti e influenza (+13%), diabete (+12%), demenze (+6%), malattie genitourinarie (+11%), alcune circolatorie (+8%), cadute accidentali (+14%)”.

Di fronte a questi dati di mortalità così rilevanti (e di aumento di incidenza dei tassi di mortalità per malattie metaboliche che formano il substrato delle malattie cardiovascolari – vedi diabete +12%), vi è la necessità inderogabile, per noi Cardiologi, di non limitarsi a prenderne visione ma continuare ad essere parte attiva per intervenire nel campo della prevenzione cardiovascolare soprattutto con la prevenzione primaria per ridurre l’incidenza di infarti, ictus, scompenso e morte improvvisa e quindi, a cascata, il deterioramento della qualità della vita e la morte anticipata.

E’ ormai assodato dalle molte ricerche compiute nelle decadi passate che le malattie cardiovascolari nel loro complesso hanno le radici in uno stile di vita inappropriato e in condizioni di alterato metabolismo che costituiscono il gruppo d’insieme dei cosiddetti fattori di rischio.

Questi fattori a loro volta sono divisi in due gruppi: modificabili e non modificabili, come età, sesso e familiarità.

A riguardo della familiarità va specificato che il peso della componente genetica (la qualità dei geni del DNA ereditato dai genitori) che ci deriva dall’essere membro di una famiglia in cui gli accidenti cardiovascolari sono più frequenti che in altre famiglie, si valuta meno rilevante di quanto non si ritenesse fino ad alcuni anni fa ed ora si potrebbe considerare che il suo contributo sia del 20% circa mentre il restante 80% sia invece legato allo stile di vita e all’ alimentazione (cioè a fattori cosiddetti epigenetici) che possono influenzare la forza di espressione delle caratteristiche (fenotipo) che questi geni controllano.

I fattori di rischio modificabili, cioè sui quali si può agire con risultati più o meno incisivi, sono: il fumo, la sedentarietà, il sovrappeso, l’obesità, la sindrome metabolica, il diabete, l’ipertensione arteriosa, la dislipidemia (colesterolo alto e/o trigliceridi alti).

L’analisi dei fattori di rischio modificabili permette di riconoscere che sono dovuti a scorretto stile di vita (fumo, sedentarietà e ipertensione) e ad alterazioni metaboliche (sovrappeso, obesità, diabete, dislipidemia e ipertensione).

E’ ovvio che il fumo deve essere sospeso e che bisogna evitare la sedentarietà sforzandosi di vincere la pigrizia.

Le  alterazioni metaboliche devono essere affrontate e contrastate con decisione e costanza con un tipo di nutrizione che attenui o addirittura elimini la disfunzione metabolica, dove per nutrizione si fa riferimento a ciò che assumiamo come alimenti-bevande.

Le sostanze principali che ingeriamo (proteine, zuccheri e grassi) vengono usate per costruire i pezzi di ricambio del nostro corpo: noi siamo quello che mangiamo.

Le proteine sono l’elemento portante, lo scheletro dei pezzi di ricambio e l’eventuale quota di proteine in eccesso, poiché non abbiamo nel nostro corpo luoghi di deposito di proteine in quanto tali, viene trasformata in zuccheri con l’utilizzo di vie metaboliche ad alto dispendio di energia. Gli zuccheri forniscono l’energia di impiego tempestivo che viene utilizzata rapidamente nel momento del bisogno accedendo alla piccola riserva di zucchero contenuta nel fegato e nei muscoli; l’eventuale zucchero in eccesso viene trasformato in grasso. I grassi, assieme allo zucchero in eccesso, vanno a costituire sottoforma di trigliceridi  le diverse zone del grasso corporeo che sono dei depositi di energia immagazzinata in attesa di momenti di attività fisica prolungata o di digiuno allorché tale energia immagazzinata sottoforma di trigliceridi sarà smobilizzata e trasformata in zuccheri e corpi chetonici; la conversione del grasso corporeo in energia di pronto impiego richiede tempi metabolici non così rapidi come per lo zucchero che è già disponibile.

La nutrizione sbilanciata per qualità e/o quantità delle sue componenti fondamentali (proteine, zuccheri e grassi) genera alterazioni metaboliche con ricadute negative pesanti sullo stato di salute (qualità della vita) a breve e a lungo termine (vedi più avanti infiammazione cronica di basso grado).

Oltre a questo aspetto macroscopico della nutrizione come elemento regolatore di alterazioni del nostro metabolismo, si segnala un continuo incremento di studi dall’inizio del terzo millennio che attribuiscono importanza sempre maggiore alla popolazione di microrganismi, soprattutto batteri, che albergano in prevalenza nel nostro colon (intestino crasso o grosso intestino), che prende il nome di microbiota.

L’unica fonte di alimentazione, e quindi di sopravvivenza, di questi microrganismi è ovviamente ciò che noi ingeriamo per alimentarci. Gli studi confermano che per favorire il nostro benessere l’orientamento alimentare deve essere in prevalenza verso le verdure e la riduzione degli zuccheri semplici per facilitare il benessere dei batteri “buoni”, inquilini del nostro intestino, che sono in simbiosi con noi e svolgono funzioni essenziali.

Infatti il microbiota: fornisce protezione alla crescita di patogeni; regola il metabolismo e il senso di sazietà; se è in equilibrio, cioè in salute, protegge l’apparato cardiocircolatorio; è fondamentale nell’educazione della risposta immunitaria dell’ospite (una flora intestinale buona aiuta a sconfiggere le malattie); elimina le tossine; favorisce il corretto processo digestivo; contribuisce attivamente alla biosintesi di varie vitamine, in particolare la vitamina B12.

Se ben trattati, con ciò che noi assumiamo come nutrienti, vivono selezionando specie che lavorano a nostro favore e favoriscono il nostro benessere sopravanzando e contenendo le specie di microrganismi  “cattivi”  che possono arrecarci danno.

Inoltre, a riguardo della necessità di una corretta nutrizione e dell’equilibrio e del buon funzionamento  del microbiota, nelle ultime decadi si è affacciata la descrizione di un meccanismo infiammatorio cronico di basso grado, sostanzialmente asintomatico, che dura misconosciuto per anni, decadi, e che sembra essere alla base di quasi tutte le malattie cronico-degenerative (comprese  le malattie autoimmuni, i tumori , la malattie degenerative neurologiche, la fibromialgia, l’artrosi, l’arteriosclerosi….)

Questa infiammazione cronica sistemica silente di basso grado (ICSbg) é espressione di cattiva abitudine alimentare, stress tossici ed ambientali, ma anche di malfunzionamento intestinale e sedentarietà. Il ruolo svolto dalla qualità della nostra nutrizione è fondamentale per contrastare lo stato infiammatorio cronico con una dieta antinfiammatoria bilanciando il rapporto acidi grassi omega 6 e omega 3.

In conclusione, grazie all’adozione dei provvedimenti di prevenzione primaria cardiovascolare riguardanti lo stile di vita e la nutrizione, per contrastare i fattori di rischio modificabili e l’infiammazione cronica silente, si potrebbe ottenere un periodo di qualità di vita più lungo dell’atteso statistico attuale (longevità di vita di anni buoni a parità di anni di vita anagrafica) e forse si potrebbe ottenere anche una vera longevità sana (durata della vita superiore alla media in buona salute).

E’ verso questa direzione che Centro Medico Specialistico Meditel volge la sua attenzione al fine di poter predisporre un’Area cardiovascolare dedicata alla “prevenzione-longevità” caratterizzata da visita e valutazione iniziale (clinico – strumentale – laboratoristica) e successive sedute di controllo di visite e valutazione in follow-up.